

Bitcoin, ovvero una moneta virtuale scambiata attraverso computer, con una tecnologia peer to peer, nascono nel 2008 dall’invenzione di Satoshi Nakamoto, rappresentando la prima criptovaluta creata e commercializzata. Il suo simbolo è ฿, e nei mercati viene utilizzato anche BTC o XBT. La tecnologia che fa funzionare bitcoin ( la blockchain ) digitalizza la gestione della valuta e permette di conservarla all’interno di giganteschi database condivisi (ovvero fisicamente installati su più computer collegati tra loro alla rete internet), che attraverso sistemi avanzati di crittografia , rendono possibile tracciare le transazioni, generare nuove monete, distriburile ai proprietari e effettuare transazioni. I Bitcoin, nati con esperimenti di mining relativamente semplici, tanto da arricchire chiunque riuscisse a crearli da un qualsiasi computer dotato di un processore di fascia media, si ritrovano oggi a necessitare di un’estrazione matematica così complessa, da richiedere computer speciali o l’affitto di potenti data center . Oltre al valore del Bitcoin, bisogna quindi calcolare oggi, anche lo sforzo richiesto in termini energetici e di calcolo di mining , ovvero di elaborazione.
“Una sola transazione Bitcoin utilizza la stessa quantità di elettricità di una famiglia britannica per quasi due mesi. La quantità di energia necessaria per far funzionare la criptovaluta è aumentata vertiginosamente, registrando massimi annuali di 77,78 terawattora, pari all’intero consumo elettrico del Cile. L’impronta di carbonio di una singola transazione è la stessa di 780.650 transazioni Visa o trascorrere 52.043 ore a guardare YouTube, secondo i calcoli di Alex de Vries, uno specialista della blockchain, presso PWC “ riporta il Telegraph.co.uk . Sarà dunque questa la fine della moneta virtuale più famosa al mondo? Come e se procederà la vita di questa tecnologia, soprattutto in tempi in cui i temi cruciali sono ecosostenibilità , basso impatto ambientale e riduzione dei consumi energetici?
Quanto rimarrà ancora con noi quella che è stata una delle rivoluzioni finanziare più grandi degli ultimi tempi? Ma soprattuto quanto questo inciderà sul suo valore finanziario, che oggi si aggira intorno ai 6500 €?
“Il tempo non è moneta, ma è quasi tutto il resto.” Ezra Pound
Il Made in Italy è stato sempre più intaccato negli ultimi anni da imitazioni fasulle, che ne hanno svalutato il riconoscimento. Sempre più industrie europee hanno etichettato i propri prodotti con il marchio Made in Italy, pur se prodotti non in Italia. Questo ha portato i consumatori a distaccarsi da questo riconoscimento, che ormai troppo spesso li ha deviati su prodotti di bassa qualità e di origine non italiana.
Finalmente si compie un grande passo a difesa della nostra cultura e delle nostre tradizioni. L’Unione Europea dà infatti il via libera all’etichettatura di origine su salami, mortadella, prosciutti e culatello… Una richiesta, come annuncia la Coldiretti, quasi all’unanimità: 93% dei cittadini ritiene importante conoscere l’origine degli alimenti.
Una grande novità sia dal punto di vista della trasparenza nei confronti dei consumatori, sia a sostegno degli allevamenti nazionali di maiali, messi in ginocchio dalla pandemia e dalla concorrenza sleale.
In tempi pandemici come questi, è più che fondamentale conoscere la provenienza delle carni e degli alimenti…la salute non è una questione economica, e risparmiare qualche € e rischiare di mangiare prodotti non trattati o conservati adeguatamente, può portare a gravi conseguenze…
Si stima, infatti, che 3 prosciutti su 4 venduti in Italia siano in realtà ottenuti da carni straniere senza che questo sia stato fino ad ora esplicitato in etichetta.
“In un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato il valore aggiunto della trasparenza con l’obbligo di indicare in etichetta l’origine di tutti gli alimenti per combattere la concorrenza sleale al Made in Italy, l’Italia ha la responsabilità di svolgere un ruolo di apripista in Europa, anche sfruttando le opportunità offerte dalla storica apertura dell’Ue all’obbligo dell’origine con l’indicazione dello Stato membro con la nuova Strategia Farm to Fork nell’ambito del Green New Deal” , Ettore Prandini , presidente della Coldiretti.
Il decreto sui salumi, che dovrà essere presto pubblicato in Gazzetta Ufficiale per essere operativo, prevede che i produttori indichino in maniera leggibile sulle etichette le informazioni relative a: “Paese di nascita: (nome del paese di nascita degli animali); “Paese di allevamento: (nome del paese di allevamento degli animali); “Paese di macellazione: (nome del paese in cui sono stati macellati gli animali).
Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati nello stesso paese, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: (nome del paese)”.
La dicitura “100% italiano” è utilizzabile dunque solo quando la carne è proveniente da suini nati, allevati, macellati e trasformati in Italia.
Quando la carne proviene da suini nati, allevati e macellati in uno o più Stati membri dell’Unione europea o extra europea, l’indicazione dell’origine può apparire nella forma: “Origine: UE”, “Origine: extra UE”, “Origine: Ue e extra UE”.
Una battaglia che l’Italia sta combattendo da molti anni, che finalmente vede le sue prime vittorie…Far parte di una grande comunità come quella europea, pur avendo i suoi vantaggi, ci ha regalato anche molte perdite… tante , fin troppe le rinunce per sentirsi cittadini di questo agglomerato di nazionalità contrastanti…
Ma lungi da voi l’idea di sgretolare la nostra cultura culinaria, il nostro amore per il cibo e per la sua condivisione, gli odori, i sapori, la cura …il tutto per assaporare un pò d’amore…Giù le mani dal Made in Italy