CITTA’ VERDI LA VISIONE DI UN’ORGANIZZAZIONE INDIANA

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Coltivare foreste urbane e trasformare per sempre le città in cui viviamo: così CNBC racconta un nuovo progetto urban forest in India. 

L’idea è di una organizzazione indiana a scopo di lucro  di nome Afforestt, fondata nel 2011 dall’ex ingegnere Toyota Shubendhu Sharma; un progetto che combina la tecnica Miyawaki, una technica che sottolinea l’importanza della presenza di specie autoctone sul territorio, con Heijunka, un sistema che permette alle aziende di ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza. 

 Si vanno così riducendo gli effetti dello smog e dell’inquinamento cittadino , regalando, non solo ai cittadini, ma allo stesso ecosistema, la possibilità di rigenerarsi. 

La città indiana di Bangalore è la protagonista del progetto , pronta a trasformarsi in un urban city a tutti gli effetti.  La capitale del Karnataka, dimora di milioni di persone, oltre a presentarsi come centro tecnologico diventa quindi la città guida per questa green revolution, della quale non possiamo più fare a meno.

Negli anni le città sono divenute degli squallidi, grigi, infiniti spazi di cemento, dove la vegetazione è andata sempre più scomparendo, per lasciare terreno a nuove costruzioni, che lentamente e gradualmente, ci hanno allontanato dalla Natura e dai suoi benefici, indispensabili per un equilibrio vitale.     

Oggi sappiamo che se vogliamo ritrovare quell’equilibrio, riducendo gli sprechi e l’inquinamento, dobbiamo riportare la Natura al proprio posto, ridare alle diverse specie le proprie terre e stimolare la rinascita degli ecosistemi.  

Afforestt si impegna con questo nuovo progetto trasformare una città densamente popolata, esausta e stremata, imprigionata nella sua decadenza, in una nuova splendida e fiorente città verde, allineata naturalmente alle proprie esigenze, in grado di autorigenerarsi e di mantenersi florida e armonica negli anni. 

Questa nuova tendenza filosofica verso le urban city vede l’uomo vicino ai propri limiti esistenziali, fermo su punto dal quale non può più procedere, ma solo tornare indietro, ripristinare, rigenerare, riportare tutto come lo aveva trovato, perché già, in se, perfetto. 

Un uomo che danza armonioso con la vita e le sue creazioni, che si muove ad un tempo universale, che cresce in proporzione all’ambiente che lo circonda, e non inversamente come sta facendo adesso. 

La globalizzazione e l’industrializzazione hanno fallito, portando degrado, inquinamento, spreco, ma soprattutto allontanandoci dal rispetto e dalla consapevolezza della necessità di un’armonia tra uomo e Natura; una relazione necessaria, questa, non solo per motivi chiaramente fisiologici, ma anche e soprattutto filosofici. 

Abbiamo creduto di poter manipolare e malleare tutto a nostra volontà e necessità; che tutto era là apposta per noi e per le nostre esigenze, abbiamo preso illimitatamente senza restituire nulla. 

Non si può raccogliere una conchiglia dal mare e pensare che a casa sia altrettanto bella, perché la bellezza è un’armonica sinfonia vibrazionale dove tutto si presenta perfettamente intonato a tutto il resto, dove le singole cose non hanno senso se non nel loro complesso.

Così questi progetti diventano ideali, e ci lasciano sognare un futuro florido, armonioso, dove saremo ancora in grado di emozionarci.

E’ sorprendente come finalmente siamo giunti ad un risveglio contemporaneamente imprenditoriale, sociale ed urbanistico, dove preservazione e ripristinazione diventano le chiavi di accesso ad un nuovo mondo, sia in termini di riduzione di sprechi ed energia, sia in termini di rispetto ed armonia con la Natura.

“La via più chiara verso l’Universo è attraverso una foresta selvaggia.”

John Muir

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