

ARTE CONTEMPORANEA: IL ‘BIG BANG’
ARTISTICO DI FRANK CIANURO
TRA CRUNK E MOSCHE ACROBATICHE
“Quella di Frank Cianuro è una piccola e corta storia di una leggera infelicità
senza fine… le sue opere sono la sua macchina del tempo”
Frank Cianuro ha attraversato i tormenti di un’esistenza
complicata e dolorosa per ritrovarsi oggi, alla sooglia dei
cinquant’anni, a voler giocare ancora una volta come un
bambino divertito, sui mostri e sulle paure che hanno
governato la sua intera esistenza, ritraendo i volti e le
figure che sono entrate a farne parte. Questa era l’unica
via per renderle più sopportabili nel tempo.
Con queste nuove opere, concettualmente leggere, Frank
Cianuro vuole ritrovare il bambino che si è perso nelle
depressioni di una vita adulta, che oggi corre veloce pur
rimanendo immobile. E’ forte la voglia di tornare indietro,
a prima del dolore e delle perdite che lo hanno segnato, a
quando era felice di non sapere come sarebbe andata una
volta cresciuto.
E’ con questo ‘big bang’ artistico che la ricerca di Frank Cianuro accoglie e associa materiali e riferimenti eterogenei in
un modo del tutto inaspettato: soggetti sottratti alla letteratura e al mondo dell’arte, quindi alla biologia vegetale e
animale, alla storia della cinematografia o a quella della sua famiglia, filtrate dalle visioni distorte di sensazioni
provocate da una musica corrosiva e dalla contemporaneità delle conversazioni di whatsapp. Tali frammenti si
compongono in inedite narrazioni e bizzarri accostamenti. Sono, dopotutto, immagini rubate alla sua immaginazione.
LA GENESI DELLE NUOVE OPERE: I ‘CRUNK’ E ‘LE MOSCHE ACROBATICHE’
I Crunk vengono realizzati con filo di alluminio o di gomma sagomato a mano, nascono in origine su un foglio di carta,
a tratto continuo disegnato ad occhi chiusi e con la mano sinistra, nel tentativo infantile di restituire disegni che non
abbiano alcuna corruzione e nessun tipo di educazione, con la sola volontà di divertirsi attraverso la leggera brutalità
di un pensiero inconscio, incurante di un insegnamento adulto.
Frank Cianuro afferma: «…è un gioco che cristallizza la voglia di una felicità ignara e trasparente, ancora viva,
luccicante. Con queste opere improbabili e leggere cerco di dare vita al grottesco che mi circonda da sempre, spesso
ritraendo esistenze incaute e maldestre come la mia».
Le Mosche Acrobatiche o ‘The Arcobatic Flyez’ sono divertenti art toys da compagnia, irriverenti, caustici e
dissacranti, anch’essi derivati dal “mondo” Crunk, come evoluzione del soggetto più improbabile.
Ogni mosca ha il proprio temperamento e carattere, apparentemente uguali l’una all’altra ma ciascuna con elementi
che la distinguono dalle altre, pezzi unici all’interno di installazioni replicabili, piccole sculture in edizione limitata,
ognuna con il proprio nome e certificato di nascita. A proposito di ciò, Frank: «Ho scelto le mosche perché
nell’immaginario di tutti sono orribili e fastidiose, loro sono il mio modo di divertirmi con il diverso rendendolo oggetto
di attenzione».
Tutte le opere di Frank Cianuro sono visitabili sul sito www.frankcianuro.com.
Facebook: https://www.facebook.com/Frank-Cianuro-47-1760713190706234
Instagram: www.instagram.com/frankcianuro
Ufficio Stampa A-Z Press – Lorenz Zadro lorenz@a-zpress.com
Capitolo 3
Il gatto
Quella volta in cui un cucciolo di gatto si intrufolo’ nel deposito segnò la mia carriera di commessa come “salvatrice di piccoli ma feroci felini”. Quel giorno mi sentii come se mi avessero assegnato il Premio Nobel per aver salvato il mondo dal mostro terribile che da secoli minacciava la terra e gli esseri umani.
Mi recai in deposito col mio carrello vuoto con l’intenzione di caricarlo di regali della nuova collection, i clienti reclamavano il barattolo della pasta dalle tinte viola/arancio “perché faceva pandant con i pensili delle loro cucine ultramoderne.
Vidi, con la coda dell’occhio, il ricezionista, un certo C., fisico da skipper di barca a vela, con i suoi capelli lunghi legati con un codino, con i risvoltini alle maniche della polo della divisa che evidenziavano i bicipiti che maneggiava con un bastone dietro dei cartoni di Uova di Pasqua. Urlava ad alta voce in una lingua incomprensibile, forse era aramaico, lui lo conosceva bene visto che aveva studiato dalle suore, ma solo quello, perché di certo non aveva il linguaggio tipico di un religioso.
Spinta dalla curiosità mi avvicinai a lui e chiesi cosa stesse accadendo…continuo’ con la sua lingua straniera e capii solo la parola “gatto”.
“Tutto qui? Che ci vuole a far uscire un gatto che sicuramente apprezza l’odore del cioccolato proveniente dalle Uova Kinder”
Rivestita della mia saccenza in campo felino mi proposi come regista nonché attrice protagonista della scena degna di King Kong sull’Empire State Building.
Il gatto capi’ che dietro quel succulente cartone pieno di cioccolato e sorpresine mi nascondevo io, pronta con la mia mano nuda ad afferrarlo come un pelouche di quelli che si vincono alla giostra. Lo vidi, era piccolo, quindi la mia preoccupazione di essere sbranata svanì. Intravidi la coda che era poco più piccola di un verme solitario che però si muoveva con la stessa veemenza di un pendolo impazzito. Dissi al mio collega, che intanto si spazzolava le sopracciglia, di mettersi dall’altra parte dei cartoni in maniera tale che, se avessi mancato la presa, lo avrebbe potuto afferrare. Infilai il braccio fra i cartoni con la stessa velocità di un cobra reale che agguanta la cavia dopo aver aspettato 21 giorni prima di inghiottire nuovamente cibo. Lo presi dal collo, era arancione. Ad un certo punto giro’ la testa e vidi i suoi dentini da latte sprofondare nella mia mano e le sue unghiette muoversi come se stesse disegnando un quadro di Picasso. Nascondendo il mio dolore, allo stesso modo in cui Kate Winslet indossa un tubino taglia 38, sempre con quella superbia che un po’ caratterizza tutte le donne che pretendono di avere ragione anche quando non la hanno, corsi verso la porta del deposito e feci uscire l’Uomo Tigre.
“Ti sei fatta male?!?”
“Ma no, non è nulla!”
Nel frattempo in mio sangue sgorgava come la sorgente dell’acqua Panna.
“Mi sa che devi andare a farti medicare”
Il gatto mi guardava, come per dire “la prossima volta ti faccio saltare un ginocchio”.
“E dovresti fare anche una puntura, metti caso che il gatto è malato, potrebbe venirti qualche infezione”
Fortunatamente all’epoca non si andava su Google, e alla domanda “cosa fare quando un gatto randagio ti graffia” non seguiva risposta “…tumore alla pelle, tifo, vaiolo, spagnola”.
Misi un paio di cerotti disinfettando la mano graffiata e continuai il mio lavoro.
Quella sera mi salii la febbre a 38 e fui costretta a prendere antibiotico per una settimana perché la mia mano era viola e calda come un calorifero al polo nord.
Il gatto è sempre lì, fuori il deposito, affettuoso con tutti, tranne che con me, l’astio che ci divide è più grande della Striscia di Gaza. Vedo anche schiere di commilitoni armati fino al collo pronti a difenderlo ad un mio eventuale attacco. Eh si, perché nel frattempo la bestiola ha chiamato i suoi amici in soccorso, due grossi gatti birmani tigrati che solo se li guardi alzano il pelo e muovono la coda come se stessero partecipando ad una battuta di caccia con un Lord inglese. Certo è che i gatti non dimenticano e ti puniscono quando meno te lo aspetti.